31 gennaio 2009

A latere. La giubba del re e il servizio di Stato


Per la rubrica "A latere", dopo Obama un pensiero dal libro del magistrato pavese Piercamillo Davigo, passato alla storia come componente del pool Mani Pulite della procura di Milano negli anni '90, tratto dal suo bello e compatto libro "La giubba del re. Intervista sulla corruzione", Saggi tascabili Laterza 1998.


Il fatto che nella nostra pubblica amministrazione, purtroppo, non ci siano molti motivi che possano alimentare il senso e l'orgoglio di appartenenza colpisce in modo davvero negativo.
Io vengo da un piccolo paese ai confini col Piemonte e quando ero ragazzino sentivo i vecchi che avevano un curioso modo di dire.
Nella vita, spiegavano, non bisogna portare livree; ma se qualcuno ha necessità di portarla, l'unica da indossare con orgoglio è la "giubba del re".
Questa espressione non era altro che il concetto sintetico del servizio di Stato.

28 gennaio 2009

Avviso ai naviganti: si cercano contributi etici










Avviso
e richiesta di aiuto e collaborazione:

Sto pensando di affrontare (non so ancora bene come) il tema:
Anagrafe e questione morale
, ovvero: L'etica professionale in anagrafe.

Chiunque abbia suggerimenti, bibliografia, links o semplicemente la sua da dire, può:
a) lasciare un commento a questo post, che sarà subito visibile;
b) scrivere un'email ad anagrafedalbasso.mail@gmail.com, per una conversazione un po' più "privata" a due.
Attendo contributi soprattutto dai colleghi, ma anche - perché no? - dai cittadini.
Probabilmente comincerò ad affrontare il tema nei prossimi giorni, prendendolo da lontano, su aspetti secondari (dato che è un tema gigantesco). Vedremo.

27 gennaio 2009

Firme, autentiche, basi che mancano e addio patria.

Una disavventura che mi è avvenuta, e che ha avuto anche una sua piccola risonanza sulla stampa, mi ha fatto riflettere su quella che viene chiamata l'autentica di firma.
I cittadini sempre più spesso cercano di evitare di andare dal notaio, unico soggetto deputato ad autenticare firme che abbiano carattere di "contratto" tra privati (con alcune eccezioni, tipo il passaggio di proprietà previsto dal decreto Bersani).
Alcuni colleghi, nel lodevole intento di favorire i cittadini, autenticano di tutto e di più.
Nel mezzo - come spesso succede in questo Paese - chi vuole applicare la legge.

Ecco il risultato del mio lavoro: uno schema, dal titolo Quali firme può autenticare il "dipendente incaricato dal Sindaco", che tenta di chiarire il tema a me stesso, prima che ad altri.
Il lavoro deve molto, soprattutto per la seconda parte (le "eccezioni" alla regola generale), a quello fatto dall'Anusca al tempo dell'introduzione del decreto Bersani.
Ogni suggerimento e critica sarà bene accetto, dato che per quel che riguarda il diritto - come mi dicevano a scuola alcuni professori - a me mancano le basi.
Considerazione finale: spesso le basi mancano anche al legislatore, come si vede dalle citazioni nella seconda parte dello schema.
E allora - come diceva mio nonno - addio patria.

25 gennaio 2009

Basta certificati: girino le informazioni, non i cittadini (con due modelli scaricabili)


Parliamo di autocertificazione, ovvero di quella magnifica trovata, escogitata or sono 40 anni fa, per fare avanzare un paese arretrato, fondato (allora, s'intende, allora!) su carta e timbro.

L'autocertificazione è quella scommessa (audace, per un Paese come il nostro) per la quale:
a) il cittadino, che è sempre "presunto innocente", dichiara la verità all'amministrazione pubblica;
b) l'amministrazione pubblica, fiduciosa ed efficiente, accetta e subito controlla la dichiarazione con ciò che risulta in un'altra amministrazione pubblica;
c) se quanto dichiarato non collima con la verità, il cittadino è penalmente sanzionato da una giustizia rapida e giusta;
d) il risultato che si ottiene è che a viaggiare tra uffici sono le informazioni e non più i cittadini.

Essendo questo il Paese che è, ed essendo i cittadini e gli impiegati pubblici quello che sono, ovviamente il limpido quadro delineato sopra non è sempre così limpido; vi sono incrostazioni dure.

I cittadini preferiscono "essere a posto con le carte" e spesso chiedono certificati di loro iniziativa, anche quando non sono richiesti o prima ancora di sapere cos'è effettivamente richiesto. In questo spesso "aiutati" dai vari patronati, sindacati, associazioni di categoria, che - non essendo pubblici dipendenti - sono legittimati a non fidarsi mai di chi sta loro davanti: "Siete in quattro in famiglia? sicuro? fa vedere il certificato!"

Gli impiegati pubblici spesso preferiscono chiedere il certificato al cittadino, dato che il sistema delineato li costringe a controlli. Che significa: trovare l'amministrazione che ha il dato, trovare il numero di fax, fare il fax, aspettare l'arrivo della conferma, eccetera. Molto meglio far girare il cittadino e trovarsi sulla scrivania il certificato bell'e pronto.
Ma anche gli impiegati che dovrebbero certificare - e questo è il caso anche di quelli dell'anagrafe - spesso preferiscono premere il pulsante al computer e certificare, piuttosto che spiegare pazientemente al cittadino diritti e opportunità dell'autocertificazione. Se è uno straniero, poi, tutto si complica, la lingua...

Risultato: si fanno una marea di certificati e si perde una marea di tempo per niente.
(Per alcuni aspetti collaterali relativi all'imposta di bollo, rimando al post Pagare meno, pagare tutti.)

Presento allora qui due modelli di autocertificazione, che sono poi i modelli più richiesti allo sportello, vale a dire l'autocertificazione di residenza e quella di stato di famiglia.
Non sono modelli originali (non ne esistono, la legge non ne parla, vanno bene anche su carta da formaggio), ma sono stati elaborati partendo da altri.
Di buono hanno alcune spiegazioni inserite nel corpo del modello (non tante!) come la specificazione che non è necessario autenticare la firma, e la dichiarazione di consenso affinché il privato destinatario dell'autocertificazione possa controllare presso l'ufficio anagrafe competente. Sì perché anche i privati possono accettare autocertificazioni, anche se non vi sono obbligati come lo sono i dipendenti pubblici.
Nella mia zona ora le accettano anche alcune agenzie di assicurazione auto (che non sono mai esenti dal bollo, checché se ne dica). Invece di chiedere il certificato al cittadino e obbligarlo al pagamento della marca da bollo, accettano l'autocertificazione e richiedono via fax la conferma, avendo avuto il consenso dai loro clienti. Conferma che viene prontamente data, sempre via fax.
E voglio anche far loro pubblicità: sono per ora Generali, Ina Assicurazioni e Reale Mutua.

21 gennaio 2009

A latere. Duro lavoro e onestà, il discorso del presidente Obama


Inauguro una rubrica, dal titolo "A latere", di cose che (apparentemente) forse non c'entrano niente con l'anagrafe.
Il primo posto - obbligato in questa giornata - è una sintesi del discorso di insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Solo retorica? Non lo credo.
Il testo integrale italiano è disponibile qui.

Miei concittadini,
mi trovo qui oggi vestito dei panni dell’umilta’ al cospetto del compito che ci attende, grato per la fiducia che mi avete accordato, memore dei sacrifici sopportati da nostri antenati. [...]

Tutti capiscono che siamo nel mezzo di una crisi. La nostra nazione e’ in guerra contro una diffusa rete di violenza e di odio. La nostra economia e’ terribilmente indebolita a causa dell’avidita’ e dell’irresponsabilita’ di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacita’ di compiere scelte difficili e di preparare la nazione ad una nuova era. C’e’ chi ha perso la casa; c’e’ chi ha perso il lavoro; molte aziende hanno chiuso. La nostra assistenza sanitaria e’ troppo costosa; troppi sono i giovani che le nostre scuole non riescono a portare fino al compimento degli studi e ogni giorno che passa appare piu’ chiaro che il modo in cui usiamo l’energia rafforza i nostri nemici e mette in pericolo il pianeta. [...]

Ci troviamo qui oggi perche’ abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l’unita’ di intenti rispetto ai conflitti e alla discordia.
Oggi intendiamo porre fine alle meschine lagnanze e alla false promesse, alle recriminazioni e alle verita’ troppo abusate che da troppo tempo strangolano la nostra politica.
Rimaniamo una nazione giovane, ma per dirla con le parole della Sacra Scrittura, e’ ora di abbandonare le cose infantili. E’ giunta l’ora di ribadire il nostro spirito indomito, di scegliere la parte migliore della nostra storia, di portare avanti quel dono prezioso, quella nobile idea trasmessa di generazione in generazione, la promessa fattaci da Dio che tutti sono uguali, tutti sono liberi e tutti meritano la possibilita’ di perseguire la propria personale felicita’.
Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, comprendiamo che la grandezza non si puo’ mai dare per scontata. Va guadagnata. Nel nostro viaggio non abbiamo mai preso le scorciatoie e non ci siamo mai accontentati di poco. Non e’ stato il cammino dei pusillanimi – di quanti preferiscono l’ozio al lavoro o cercano solo i piaceri della ricchezza e della fama. Sono stati coloro che amano rischiare, che amano fare le cose – persone celebri, ma spesso uomini e donne qualunque che svolgono un lavoro oscuro - che ci hanno consentito di percorrere il sentiero lungo e accidentato che porta alla prosperita’ e alla liberta’. [...]

Da oggi dobbiamo raccogliere le forze, rimboccarci le maniche e ricominciare l’opera di ricostruzione dell’America.
Dovunque guardiamo c’e’ qualcosa da fare. La situazione dell’economia impone interventi audaci e rapidi e noi interverremo – non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le basi di un nuovo periodo di crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i commerci e ci tengono uniti. Ridaremo alla scienza il posto che merita e sfrutteremo le meraviglie della tecnologia per migliorare la qualita’ dell’assistenza sanitaria e ridurne i costi. Sfrutteremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le auto e le fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole, i nostri college e le nostre universita’ affinche’ possano soddisfare i bisogni di una nuova era. Tutto questo possiamo fare. E tutto questo faremo. [...]

Oggi non ci chiediamo se c’e’ troppo Stato o troppo poco Stato, ma ci chiediamo se la macchina dello Stato funziona – se aiuta le famiglie a trovare un lavoro retribuito in maniera dignitosa, a curarsi sopportando costi contenuti, ad avere una pensione dignitosa. Ogni qual volta la risposta e’ affermativa, abbiamo intenzione di continuare sulla stessa strada. Quando invece la risposta e’
negativa e’ nostra intenzione porre fine ai programmi pubblici che non funzionano. E quelli di noi che gestiscono il denaro pubblico debbono rispondere del loro operato – debbono spendere con saggezza, rivedere le cattive abitudini e operare alla luce del giorno – perche’ solo cosi’ facendo possiamo ripristinare il rapporto di fiducia tra il popolo e il governo.
Non ci chiediamo nemmeno se il mercato e’ una forza del bene o del male. La sua capacita’ di generare ricchezza e di allargare i confini della liberta’ e’ impareggiabile, ma questa crisi ci ha ricordato che senza un occhio attento il mercato puo’ sfuggire al nostro controllo – e che una nazione non puo’ prosperare a lungo quando favorisce esclusivamente i ricchi. Il successo della nostra economia e’ sempre dipeso non solo dall’ammontare del nostro PIL, ma dalla diffusione della prosperita’, dalla nostra capacita’ di garantire opportunita’ a tutti gli uomini di buona volonta’ – non per ragioni caritatevoli, ma perche’ e’ la strada piu’ sicura per realizzare il bene comune. [...]

Sappiamo infatti che la nostra composita eredita’ e’ una forza, non una debolezza. Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e indù – e di non credenti. Si mescolano nel nostro Paese lingue e culture di ogni parte della terra e, dal momento che abbiamo assaggiato l’amara brodaglia della guerra civile e della segregazione e siamo emersi da quel buio capitolo della nostra storia piu’ forti e piu’ uniti, non possiamo non credere che i vecchi odii un giorno svaniranno, che i confini della tribu’ presto si dissolveranno, che nella misura in cui il mondo diventera’ sempre piu’ piccolo, si rivelera’ la nostra comune umanita’ e che l’America deve svolgere il suo ruolo nell’aprire la strada ad una nuova era di pace. [...]

Per quanto il governo possa e debba fare, in ultima analisi la nazione poggia sulla fede e la determinazione degli americani. Sono la gentilezza con cui si accoglie in casa un estraneo in un momento difficile e la generosita’ dei lavoratori che accettano una riduzione dell’orario di lavoro per non far perdere il posto ad un amico che ci guidano nei momenti piu’ bui. Sono il coraggio di un pompiere che si precipita su per una rampa di scale piena di fumo, ma anche il desiderio di un genitore di crescere il figlio che alla fine decidono il nostro destino.

Le nostre sfide forse sono nuove. Potrebbero essere nuovi anche gli strumenti per affrontarle. Ma i valori dai quali dipende il successo – duro lavoro e onesta’, coraggio e correttezza, tolleranza e curiosita’, lealta’ e patriottismo – sono cose vecchie. Sono cose vere. Sono stati la forza tranquilla del progresso durante tutta la nostra storia. Chiediamo quindi il ritorno a queste verita’. A noi si chiede una nuova era di responsabilita’ – il riconoscimento, da parte di tutti gli americani, che abbiamo doveri nei confronti di noi stessi, della nostra nazione e del mondo, doveri che non accettiamo mugugnando, ma che accettiamo con gioia, consapevoli che non v’e’ nulla di piu’ soddisfacente per lo spirito, nulla che meglio definisce il nostro carattere dell’impegnarci anima e corpo in un compito difficile.
Questi sono il prezzo e la promessa del nostro essere cittadini.
Questa e’ l’origine della nostra fiducia – sapere che Dio ci chiama a dare forma ad un destino incerto.
Questo e’ il significato della nostra liberta’ e del nostro credo – che uomini, donne e bambini di ogni razza e fede possano celebrare insieme in questo magnifico spazio e che un uomo il cui padre meno di 60 anni fa poteva non essere servito in un ristorante ora e’ dinanzi a voi dopo aver pronunciato un sacro giuramento.
Contrassegniamo questo giorno con il ricordo di chi siamo e di quanto a lungo abbiamo viaggiato. [...]

17 gennaio 2009

Presentazione: chi e (soprattutto) perché?

Breve presentazione: sono un ufficiale di anagrafe (in sigla: Uff.A) di un piccolo comune di provincia del Nordest che tenta ogni tanto di riflettere sul suo lavoro.
Per scaricare la tensione che questo lavoro può provocare, ho cominciato a scrivere.

All'inizio (più di due anni fa) ho scritto un articolo che riguardava una fonte di stress quale è il tema "imposta di bollo". L'ho spedito a tutte le riviste del settore (Lo stato civile italiano, I servizi demografici, Semplice) e - incredibile a dirsi - me l'hanno tutte pubblicato, una (la più antica e signorile) addirittura compensandolo con qualche decina di euro, regolarmente denunciate sul 730. L'avevo intitolato "Pagare meno, pagare tutti: una modesta proposta per l'imposta di bollo": evidentemente era interessante.
Montatomi la testa, l'avevo addirittura spedito al ministero dell'economia di un governo litigioso: il sottosegretario mi aveva risposto che l'avrebbe passato ai suoi esperti. Ma il governo litigioso cadde e così anche la mia speranza di rendere un servigio al mio paese.
L'ho spedito di recente anche al nuovo governo (che non è litigioso e ha un solo capo bene individuato) inviandolo a un famoso ministro moralizzatore dei pubblici impiegati, sia al ministero sia al suo sito personale. Nessuna risposta, per ora.
Ora è il tempo della morale, l'educazione può attendere.

Passato molto tempo, ho scritto un altro pezzo e l'ho spedito alle riviste e all'Associazione degli Uff.A di cui sono socio. Stavolta il pezzo era un po' più controverso e aveva come titolo "Dai quesiti alle buone pratiche: una proposta per migliorare il lavoro degli Ufficiali di Anagrafe e il servizio loro reso dall'ANUSCA". La signorile e antica rivista me lo pubblica sul numero di questo mese di gennaio; dall'altra rivista e dalla mia associazione, niente (per l'educazione si rinvia a quanto detto sopra).

Ed ecco che - compreso che forse c'era stata una piccola censura - mi è spuntata l'insana idea di autopubblicarmi, naturalmente su Internet, senza credermi il Beppegrillo degli Uff.A.
Questo è il perché.

Resta da dire del titolo, anche se forse si è capito: "dal basso", perché è da lì, dallo sportello, dai rapporti quotidiani con l'utenza, che nascono queste riflessioni. Non troverete grandi questioni di diritto: ho un banale diploma di scuola media superiore, il diritto nel programma non c'era.

Se siete arrivati fin qui, grazie per l'attenzione. Tutti i vostri commenti saranno bene accolti.

P.S. Si possono lasciare anche sintetici giudizi sotto a ogni post.

Dai quesiti alle buone pratiche

Una proposta per migliorare il lavoro degli ufficiali d'anagrafe e il servizio loro reso dall'Anusca


Come si fa ad accertare una residenza? Posso dare indirizzi per telefono (“tutti gli altri comuni lo fanno”)? Dove va inviato un provvedimento di respingimento? Faccio bene a bloccare la certificazione agli irreperibili? Cosa devo scrivere sullo stato di famiglia originario? Come fare la numerazione civica? Devo mettere le relazioni di parentela sugli stati di famiglia? Che fare se dopo un anno lo straniero è ancora in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno? A chi vanno presentati i ricorsi anagrafici (sembrerebbe quasi mai al prefetto...)?

Queste alcune delle decine di domande che ogni giorno un ufficiale di anagrafe si pone e a cui deve rispondere bene e velocemente, dato che i suoi utenti – gli stessi utenti che sopportano ore di fila alla posta, mesi di ansia prima di sapere l'esito di un concorso, anni di attesa per ottenere giustizia, decenni per ottenere la verità sui grandi misteri nazionali – vogliono una risposta e la vogliono subito.

L'ufficiale di anagrafe amante del suo lavoro (degli altri taciamo) risponde come può, attingendo secondo scienza e coscienza alle sue risorse, che normalmente si esauriscono nell'elenco che segue:

  • si fa come si è sempre fatto;

  • si fa come faceva la collega più anziana ora in pensione (che non può più cambiare idea o ammettere di avere sbagliato);

  • si fa come si crede di capire che intenda dire un'oscura circolare ministeriale (*);

  • si fa come è più comodo e provoca meno conflitti col cittadino (“provoca meno conflitti” non è la precisa formulazione che l'ufficiale d'anagrafe userebbe...)

  • si fa come consigliano nei forum su Internet (dove però – dato che trattasi per l'appunto di forum – trovi anche la soluzione opposta...)

  • si fa come celermente e precisamente dice l'efficiente servizio ministeriale online “L'esperto risponde” (ipotesi del tutto accademica, qui riportata solo per amore di completezza);

  • si fa come dice l'Anusca e i suoi esperti.

E proprio questo ultimo punto vorrei approfondire.

Credo che il peraltro prezioso “servizio quesiti” dell'Anusca sia oramai insufficiente per rispondere ai problemi odierni e che il tempo sia venuto per elevare la qualità del servizio fornito agli ufficiali d'anagrafe, in una maniera perfettamente in linea con il carattere di associazione professionale dell'Anusca.
Quello a cui penso è un testo scritto – a stampa o consultabile online o in entrambe le versioni – che raccolga in maniera ordinata e analitica i suggerimenti che l'Anusca dà ai suoi associati per compiere bene e secondo la legge il delicato lavoro dell'ufficiale d'anagrafe, dando risposte alle domande che ponevo all'inizio (e alle molte altre che sorgono nel lavoro quotidiano) che abbiano il marchio e l'autorevolezza dell'Associazione.

In altre parole è venuto il tempo – secondo me – di mettere per iscritto quelle che chiamerei “Buone Pratiche del lavoro di ufficiale d'anagrafe” o “Raccomandazioni” o anche “Linee-guida Anusca per il lavoro dell'ufficiale d'anagrafe”.

Nella mia ipotesi il testo – che auspicherei agile e schematico, diviso in capitoli e sottocapitoli numerati, per favorire la ricerca ma anche l'aggiornamento dei soli argomenti interessati da eventuali evoluzioni normative – sarebbe la guida autorevole e precisa disponibile per tutti gli ufficiali d'anagrafe. Ciò anche perché il Ministero – in maniera secondo me gravemente colpevole – non si decide a farle lui le Linee guida per gli ufficiali d'anagrafe, lasciati in balia a sé stessi.

Un esempio per spiegarmi meglio. Ne scelgo uno che per importanza è centrale nel nostro lavoro: la residenza, il suo concetto e il modo di accertarla.
Ora l'ufficiale d'anagrafe è lasciato solo, e tutti gli esperti ministeriali o no se la cavano dicendo grossomodo che “in ultima istanza l'ufficiale d'anagrafe è l'unico responsabile nel formarsi il convincimento della attuale dimora abituale del soggetto” (cito a memoria, ma quante volte ho incontrato queste parole...) e magari ti ripetono pari pari il codice civile o famose sentenze della Cassazione.
Ebbene, nel testo delle “buone pratiche” (o raccomandazioni o linee-guida che dir si voglia) schematicamente vorrei trovare suggerimenti concreti su come definire se una persona è residente, su come accertare, come motivare eventuali dinieghi, suggerimenti dei comuni turistici (che possono però essere utili a tutti!), come “integrare” gli ormai obsoleti modelli di accertamento (caso macroscopico: l'accertamento della cancellazione), e così via. Il tutto in linguaggio asciutto, schematico, concreto, e con i necessari riferimenti a lato della norma/circolare coinvolta.

Non bisognerebbe aver paura di suggerire testi e modelli, che diventerebbero – nell'assenza colpevole del ministero di cui ho detto – praticamente “ufficiali”. Per esempio a me piacerebbe un “modello Anusca” di certificato di residenza, stato famiglia, eccetera, da imporre io alle software house (e non viceversa!).

Come arrivare a un testo così autorevole? E che fine farebbero gli esperti Anusca?
Io credo che con l'aiuto di Internet si può fare più o meno così: gli esperti Anusca potrebbero redigere la bozza del testo, che andrebbe sottoposta agli ufficiali d'anagrafe per osservazioni e suggerimenti, utilissimi soprattutto se si vuole marcare il carattere di “buone pratiche” del testo. Terminata la consultazione, il gruppo di lavoro di esperti licenzierebbe la versione definitiva che avrebbe il marchio dell'Associazione.

I colleghi in giro per l'Italia avrebbero quindi la loro “bibbia” professionale, con la libertà – ovviamente – di discostarsi dalle indicazioni Anusca dove ciò sembrasse loro necessario e possibile. Ma uno standard nazionale verrebbe così creato, a supporto dei giovani colleghi alle prime armi, ma anche di quelli più attempati ma carenti magari delle basi del diritto.
Revisioni parziali sarebbero sempre possibili, sia quando apparissero nuove norme o nuove circolari, sia quando gli esperti si accorgessero o venissero informati di nuove “buone pratiche” diffuse per il Paese. E rimarrebbero necessari, gli esperti, di fronte a casi precisi e particolari che a noi, ufficiali d'anagrafe in prima linea, continueranno – ne sono certo – a presentarsi al nostro sportello.

8 dicembre 2008


(*) Famosa è rimasta la circolare che alcuni anni orsono ci informò che in alcuni paesi arabi “ep.” o “ep.se” seguito dal cognome del marito, nei cognomi femminili significa “coniugata in” (accidenti, che sforzo!) senza spiegare se bisognasse considerarla parte del cognome o no, ovvero l'unica cosa che ci interessava. Ciò che ha reso necessaria una recentissima ulteriore circolare che graziosamente conclude di ometterlo...

Pagare meno, pagare tutti

Una modesta proposta per l'imposta di bollo

Pubblicato su "Lo Stato Civile Italiano", aprile 2007 - "I Servizi Demografici", aprile 2007 - "Semplice", maggio 2007

Sarà capitato a tutti i colleghi di avere discussioni con l'utenza per l'applicazione dell'imposta di bollo. Mi è capitato talvolta anche il caso contrario di registrare la meraviglia di chi – avendo diritto all'esenzione – “paga” un certificato o un'autentica con la misera somma di 26 centesimi, ritenendolo un costo decisamente ridicolo.

Una delle cause non secondarie della – diciamo così – “svogliatezza” degli uffici nell'applicare l'imposta è la constatazione che (dopo discussioni, arrabbiature e frasario tipico come: “Nel comune vicino a un mio parente l'hanno fatto in carta semplice”) alla fine lo Stato incassa 14,62 euro e al Comune invece – che ci mette l'impiegato, la carta, la stampa, il tempo e il lavoro che stanno dietro – vanno 52 centesimi! Le due cifre stanno in rapporto di 28 a 1.
Inutile dire che all'impiegato disposto ad accollarsi male parole non va un centesimo, come è ovvio.
Non parliamo della “giungla” delle esenzioni, in cui chi riesce a districarsi è bravo.
Risultato: l'imposta di bollo è una delle più difficili, rognose ed evase imposte che io conosca.

Per questo mi sono deciso a esporre questa proposta, che prevede in sintesi:
a) l'abolizione di ogni esenzione; l'abolizione dei diritti di segreteria;
b) la contemporanea riduzione dell'imposta a un importo accettabile per il servizio svolto in cambio (certificazioni, autenticazioni, legalizzazioni), che fisserei sui 4-5 euro;
c) il pagamento dell'imposta con nuove marche da bollo “per i servizi di competenza statale”, da acquistare anticipatamente da parte del Comune presso la prefettura (come si fa ora con le carte di identità) alla metà del valore nominale e la successiva applicazione diretta sul certificato, autentica ecc. da parte dell'ufficio, chiedendo all'utente l'intero valore. Il “ricavo” per Stato e per Comune, nella mia ipotesi, dovrebbero stare in rapporto 1:1.

Questo sistema avrebbe parecchie ricadute positive:

1) Non è un sistema complesso: come detto, è il sistema che tutti i Comuni usano per rifornirsi delle carte di identità (che, sia detto per inciso, presentano la situazione inversa dell'imposta di bollo, in quanto “costano” al comune poche decine di centesimi e vengono “rivendute” agli utenti a 5,42 euro, fatto questo che a differenza del bollo contribuisce forse al “successo” dell'operazione).

2) Finirebbe la giostra delle esenzioni sì, esenzioni no; dei casi dubbi con quesiti seguiti magari da oscure risoluzioni dell'Agenzia Entrate o esperti; delle richieste strampalate di studi legali, investigatori e società varie; delle discussioni col pubblico, coi colleghi più “di manica larga” o sui forum in Internet.

3) Il principio è semplice (deve esserlo se vuole essere un principio) e di immediata comprensione a tutti: vuoi un servizio? Lo paghi per quel che costa. Non lo vuoi? Ne fai a meno, oppure...

4) Oppure c'è l'autocertificazione. Mi sento di scommettere che di fronte al costo c erto di 4-5 euro, il numero di autocertificazioni, dichiarazioni sostitutive o autentiche di copie autocertificate salirebbe. Vi è oggi una enorme richiesta di certificati (specie dai privati!) che non è giustificata dalle ampie norme sull'autocertificazione.

5) Salirebbero anche le entrate per i Comuni; in ogni caso il sistema 1:1 è certamente più equo dell'attuale 28:1. Non la faccio lunga su federalismo fiscale, tagli della finanziaria, ecc.

6) Ritengo che salirebbero anche le entrate statali. L'argomento è noto e sfruttato anche dalla propaganda politica: più le tasse sono basse, meno si evadono. Certamente finirebbero le esenzioni “di fantasia” (e va rilevato che per gli innumerevoli casi di esenzione nulla va allo Stato). Riporto in nota, per chi vuole approfondire, i dati che ho ricavato da una lettura veloce del registro diritti del mio ufficio: in sintesi, più marche a minor costo significherebbe aumentare le
entrate rispetto all'attuale situazione di poche marche a costo elevato(*).

7) Triste doverlo dire, ma così va il mondo: saliremmo anche noi negletti impiegati demografici nella considerazione di amministratori e colleghi degli altri uffici. E' infatti sperimentalmente provato che stima e compensi stanno in ragione proporzionale diretta alle entrate procurate (dico solo questo: 300 euro lordi annui al massimo, e il minimo può anche essere zero).

dicembre 2006


(*) Nel mio comune di poco più di 5000 abitanti, nel 2006 sono stati rilasciati circa 50 certificati in bollo. Entrata per lo Stato: 14,62 euro per 50 = 730 euro; entrata per il comune: 0,52 euro per 50 = 26 euro.
I certificati non in bollo (il dato è depurato dei certificati esenti anche dai diritti di segreteria come sono quelli scambiati con altre amministrazioni pubbliche) sono stati circa 590. Entrata per lo Stato: zero; entrata per il comune: 590 per 0,26 euro di diritti = 153 euro.
Totale certificati: in bollo 50 + esenti 590 = 640. Totale entrate: allo Stato 730 euro (come già visto), al comune 179 euro.
Nella mia ipotesi, con marca a 4 euro e gli stessi numeri, le entrate sarebbero sia per lo Stato sia per il comune: 2 euro x 640 = 1280 euro ciascuno.
Va ovviamente tenuto conto che al variare delle condizioni, varierebbero anche questi numeri: in particolare ci sarebbe da aspettarsi una riduzione dei certificati per i motivi discussi sopra al numero 4 (autocertificazione).