27 gennaio 2010

A latere. Il giorno della Memoria

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo.
Come una rana d'inverno
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

23 gennaio 2010

No Gelmini, no party (di nozze). Dalla cronaca storie di matrimoni negati e replicati

Il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini

Avevo appena finito di fissare il confine tra anagrafe e stato civile lamentando che "nel linguaggio comune e nei titoli di giornali l'anagrafe è spesso l'ufficio comunale dove si va a registrare la nascita dei figli" e negando che questo sia vero, che mi capita di scoprire dai giornali che l'anagrafe è l'ufficio dove si va a sposarsi.
O, come a successo qui nel Nordest, a chiedere di sposarsi e sentirsi "negare i moduli".

Infatti, secondo il TGCOM (che non so bene che TG sia, ma è sicuramente di proprietà di una nota azienda televisiva di proprietà di una nota famiglia che vede tra le sue fila anche un noto politico) due ragazze lesbiche di Conselve (Padova) "si sono viste negare dall'impiegato dell'Anagrafe i moduli per le pubblicazioni di matrimonio. A quel punto hanno preteso un atto di diniego ufficiale, che poi hanno impugnato, trascinando in Tribunale il sindaco Antonio Ruzzon come rappresentante dello Stato".

Devo negare ancora, anche se so che sarà tempo perso: l'anagrafe non si occupa di matrimoni; è l'ufficio di stato civile che se ne occupa, ma tant'è.

Per un matrimonio che non si può fare (in Italia, perlomeno non ancora), un matrimonio che invece si è fatto.

A mezzanotte - apprendiamo infatti da La Stampa online - nel municipio di Sirmione sul lago di Garda la ministra Gelmini si è sposata con il compagno da cui attende una figlia.

Mi scuso per l'uso del termine "compagno", che potrebbe avere echi sinistri, ma quel che mi ha colpito è che secondo la Stampa "la celebrazione è stata officiata a mezzanotte e 15 dal sindaco Alessandro Mattinzoli, che oggi alle 11,00 ripeterà il rito a Villa Ansaldi, cui potranno accedere anche i 40 ospiti."

Il sindaco di Sirmione - nella sua veste di ufficiale dello stato civile, come avranno intuito i più attenti lettori - ha quindi sposato la ministra come si deve (art. 106 del Codice Civile: Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione).

Poi però, oggi alle 11, come un attore consumato il sindaco ufficiale di stato civile ripeterà la scena in una villa più consona, in un orario più consono e davanti a un piccolo selezionato pubblico. Praticamente una replica, come in tivù.

Naturalmente, trattandosi di stato civile, il vostro povero ufficiale di anagrafe qui in basso non ha alcun commento da fare...

9 gennaio 2010

Tra (alcuni) giornali e la cultura vi è la stessa differenza che passa tra Anagrafe e Stato Civile

Il sindaco di Treviso, Gian Paolo Gobbo

Oggi il tempo è pessimo sul Nordest: piogge torrenziali flagellano la regione e così ho un po' di tempo e mi siedo al computer.

Il quotidiano del Nordest, il Gazzettino, ha come prima notizia sparata sul sito web: "Proposta choc del sindaco Gobbo [Gobbo è il cognome, nota ad uso dei non-nordestini]: porno nonna ambasciatrice di Treviso". Nel resto d'Italia la notizia del giorno è il dramma delle violenze a Rosarno in Calabria, ma tant'è: evidentemente così il Gazzettino - di proprietà del gruppo romano Caltagirone - declina l'espressione "stampa locale"...

In questi giorni mi torna in mente un concetto che ho sentito di recente (non ricordo dove e da chi espresso): "La cultura è distinguere; ogni discorso culturale non può che essere rigorosa distinzione tra fatto e fatto, tra concetto e concetto". Insomma, quel che ho capito io è: la cultura è "de-finizione", il porre "con-fini", "de-limitare".

Ovvero l'esatto opposto del fare-di-ogni-erba-un-fascio, dei messaggi semplici su questioni complesse, dei discorsi-da-bar (che sia forse questo il legame che nelle mie sinapsi cerebrali è scattato con il Gazzettino?).

Pertanto oggi molto umilmente e con il linguaggio che qui dal basso noi usiamo, mi dedicherò a delimitare concetti che in questi mesi forse ho dato per scontati. Prima di tutto la parola anagrafe.

Nel linguaggio comune e nei titoli di giornali l'anagrafe è spesso l'ufficio comunale dove si va a registrare la nascita dei figli (non so se ricordate la polemica estiva sull'iscrizione in anagrafe dei neonati stranieri legata al pacchetto sicurezza...). Devo smentire categoricamente: l'anagrafe non si occupa di questo. E' ben vero che nei piccoli comuni qua in basso l'ufficio è uno solo, l'impiegato sempre quello e lo sportello pure. Ma non è così.

L'anagrafe si occupa semplicemente (semplicemente?) di dove abita la gente e con chi abita. Per questo rilascia certificati di residenza (il dove!) e di stato di famiglia (con chi!). Punto. Ma, come ho forse lasciato intendere qua e là ogni tanto, non sempre si vuol far sapere allo Stato dove si abita, e in compagnia di chi. O talvolta si vuol far credere di abitare in un posto mentre invece si sta in un altro.

La questione - in sè piuttosto futile - diventa d'importanza capitale se si riflette che a questo "abitare" sono legate le tasse.
Infatti da tempo immemorabile gli stati hanno organizzato i censimenti (una sorta di anagrafe "istantanea") prevalentemente per motivi fiscali. Ora non è più così, ma rimangono legate alla residenza particolari tipi di tasse e imposte, come ad esempio la tassa sui rifiuti che tiene conto del numero dei componenti abitanti in una casa, sottintendendo - non sempre a ragione - che più persone abitano in una famiglia, più rifiuti si producono e più questi debbano pagare per il servizio di raccolta.

Chi invece si occupa dei grandi eventi della vita è l'ufficio di stato civile, e non l'anagrafe. Per grandi eventi della vita intendo la nascita, la morte e il matrimonio (anche se non tutti i mariti e le mogli saranno d'accordo...).
Ai quali va aggiunto l'acquisto di cittadinanza, un evento che sta diventando sempre più frequente nelle nostre società e che può fare la differenza nella vita di una persona: chiedere per l'appunto agli immigrati di Rosarno.

Da quel che ho tentato di dire si deduce anche una cosa che è particolarmente difficile da comprendere per il cittadino medio: se anagrafe e stato civile sono due cose diverse (anche se ospitate nel medesimo ufficio e impersonate dallo stesso impiegato), vuol dire che hanno anche regole diverse.
Per esempio i certificati di anagrafe si pagano (cosa che scatena forti proteste degli utenti allo sportello quando è necessario pagare anche l'imposta di bollo). Mentre quelli di stato civile (nascita, morte, matrimonio) sono completamente gratuiti.

Cosa questa che - assicuro - non scatena un altrettanto forte stupore...