11 luglio 2010

Dei quesiti e delle pene (ovvero ci tocca quel che ci tocca perché siamo latini cattolici romani)

Il presidente della repubblica francese Nicolas Sarkozy

Da un esame rapido delle modalità di accesso a questo blog, appare con grande evidenza che nelle ricerche la parola con la quale più facilmente si arriva all'Anagrafe dal basso è la parola "quesiti".

Quasi la metà di quelli che trovano questo blog, vi sono incappati perché cercavano risposte a loro quesiti. Presumo che siano colleghi Uff.A che hanno problemi con i loro utenti - cittadini.

La parola "quesito" designa in questo contesto una modalità di soluzione dei problemi dei pubblici funzionari, che viene da lontano.

Tipicamente, nella burocrazia se il funzionario ha un problema di applicazione delle norme, scrive ai superiori (nel caso dell'Anagrafe: alle prefetture, organi del Ministero dell'Interno) esponendo il fatto, ponendo il "quesito" su come comportarsi e aspettando la risoluzione dell'organo superiore. Avuta la risoluzione del quesito, il funzionario non dovrà fare altro che applicarla al suo caso concreto.

Questo sistema è stato ripreso dall'associazione degli Uff.A (l'Anusca), che ha un suo servizio quesiti riservato agli associati. Uguale sistema seguono le principali riviste di settore.

Ebbene, il fatto che così tanti ricerchino in Internet la parola "quesiti" (con la variante "quesiti Anusca") sembrerebbe contraddire ciò che ho sostenuto in precedenza (che cioè il porre quesiti non può più bastare e che si deve passare a un modello di "Linee guida per gli Uff.A" curate dalla loro associazione), ma la contraddizione è forse solo apparente.

Tutto sommato, perché mai i colleghi che hanno un problema concreto dovrebbero aspettare che appaiano fantomatiche Linee guida e non chiedere invece con urgenza e preoccupazione una soluzione, perpetuando in tal modo il sistema dei quesiti (e degli addetti alla risposta dei quesiti)?

Dovrebbero forse, questi colleghi, rivolgersi al servizio quesiti ministeriale online "L'esperto risponde", meglio conosciuto come "L'esperto non risponde" (tanto che recentemente è stato rinominato "Risposte ai quesiti" quasi a ributtare la palla dall'altra parte, mettendo l'accento sui quesiti più che sull'esperto...)?

Certamente no, però pensavo in questi giorni: ma guarda, non ho ottenuto nessun contributo sull'etica professionale in anagrafe, contributi che avevo richiesto un anno e mezzo fa e che costituiscono una delle ragioni della mia discesa in campo.

E unendo i due fatti (tanti quesiti e nessuna etica) ho pensato: non sarà che noi Uff.A facciamo così perchè siamo figli della tradizione cattolica di questo Paese, della casistica della Controriforma?

Noi Uff.A (e le prefetture e tutto il Ministero dell'Interno) saremmo così perchè non abbiamo avuto la Riforma e Lutero, con il suo mettere l'accento sulla responsabilità dell'individuo di fronte a Dio, senza la mediazione del clero?

Noi Uff.A cerchiamo i quesiti perchè cerchiamo la "risposta clericale" che ci esime dalla sofferta ricerca "protestante" dell'etica? Addirittura?

Sulla Stampa di stamani, Barbara Spinelli parlando della Francia (parliamo un po' male anche degli altri paesi, ogni tanto...) e del marasma che attraversa le classi dirigenti anche in questa nazione latina (e cattolica), cita uno studioso francese con una lunga frequentazione con l'Italia. E qui cito anch'io, perche non saprei dir meglio, anche se si parla di classi dirigenti (cui gli Uff.A certamente non appartengono):

Yves Mény sostiene che marasmi simili sono possibili perché nell’Europa latina è la cultura cattolica a dominare. La cultura cattolica assolve, stabilisce regole severe, ma non mette in motosconvolge la coscienza. Il politico o l’amministratore non possiedono un proprio intimo codice etico: solo il codice penale può fermarli, se la magistratura ha la necessaria indipendenza, e questo diminuisce drasticamente le difese immunitarie dalla malattia della corruzione. Solo verso l’elettore il politico si sente responsabile, ed è il suffragio universale a decidere della buona o cattiva reputazione del leader.

E rieccoci tornati all'etica. Che non c'è.

2 luglio 2010

A latere. Vita, Libertà e ricerca della Felicità (Memo per il 4 Luglio)

Il 4 luglio 1776, il Congresso delle tredici colonie americane adottava la Dichiarazione di Indipendenza dal governo britannico, stesa principalmente dalla mano di Thomas Jefferson, un politico ed intellettuale rilevante. Riproduco qui la celeberrima introduzione della Dichiarazione, che da oltre 230 anni non cessa di essere affascinante e - purtroppamente - attuale.


Thomas Jefferson

Quando nel corso degli eventi umani, diventa necessario ad un popolo sciogliere i vincoli politici che lo hanno connesso ad un altro ed assumere tra le altre potenze della terra quel posto distinto ed eguale cui ha diritto per Legge di Natura e del Dio della Natura, un giusto rispetto per le opinioni dell'umanità richiede che esso dichiari le cause che lo costringono alla separazione.

Noi riteniamo queste verità di per sè evidenti:

che tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità;

che per garantire questi diritti, sono istituiti fra gli Uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati;

che ogni qual volta una qualsiasi Forma di Governo tende a distruggere questi fini, è Diritto del Popolo modificarla o abolirla, e istituire un nuovo Governo che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che gli sembrerà più probabile possa assicurargli Sicurezza e Felicità.