25 maggio 2010

Di dimore signorili, abituali ed eterne (qui non si parla di politica)

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

E' noto ai più (forse) che alla residenza in un comune segue l'iscrizione alle liste elettorali in quel comune stesso, e che il seggio elettorale in cui si va a votare dipende dalla zona geografica del comune in cui si è residenti.

Questo fatto è molto noto quando ci si riferisce a macroaree come le regioni: si parla infatti di regioni rosse, bianche, ecc. sulla base della prevalenza di determinati risultati elettorali espressi dai residenti (e perciò votanti) di quelle regioni. Il fenomeno è invece un po' meno noto - ma non ignoto - a livello di microaree quali i singoli comuni.
Tutti comunque sanno che dove si è residenti, lì e solo lì si può votare.

E vediamo dunque dove vota l'italiano più noto nel mondo, se si eccettua (forse) Colombo (che comunque non vota, forse non era neanche italiano e non ha in questo post nessun rilievo).

Secondo questo articolo del quotidiano Il Tempo, nelle ultime elezioni il premier Silvio Berlusconi ha votato al suo "seggio storico": nella simpatetica cronaca del quotidiano romano egli "arriva a Milano in mattinata e va direttamente a votare nella scuola elementare, situata ad un centinaio di metri dalla casa in cui abitavano la mamma e la sorella".
Si tratta di "un quartiere della periferia meneghina (zona Lorenteggio), che il premier conosce molto bene" tant'è che "in passato, ogni volta che andava a votare in via Scrosati, era l'occasione per passare a salutare mamma Rosa".

L'Uff.A. nel leggere queste righe ha un balzo: ma come, se ci vota ci risiede, se ci risiede ha la dimora abituale. Ma non abitava ad Arcore (comune della Brianza in precedenza ignoto alle cronache)?

Non verrete a dirmi che neppure il presidente del Consiglio rispetta la legge (anagrafica)?
E che è iscritto come residente (e votante) a Milano, e non ad Arcore a Villa San Martino (dove peraltro sembra si sia preparata con l'aiuto dello scultore Cascella l'ultima perpetua dimora)?

Dalla cronaca del Tempo, pare proprio di sì.

Se l'Uff.A di Arcore non ha iscritto il suo "ospite" più illustre (della presenza del quale sarà ben difficile che non "sia venuto a conoscenza", per metterla come la mette l'articolo 5 della legge anagrafica), che farà mai nel suo piccolo comune il vostro povero Uff.A. qui in basso?

Come intimerà agli inadempienti di iscriversi nel luogo di dimora abituale, pena l'iscrizione d'ufficio? E soprattutto come farà a "venirne a conoscenza", dato che le notizie su di loro saranno infinitamente più scarse rispetto a quanto si sa del premier?

Forse si potrà sanare qualcosa col prossimo censimento della popolazione del 2011. Se (e - col poeta - sottolineo se) ci sarà un censimento...

Beato il Sindaco Ufficiale di anagrafe di Arcore, che per sistemare certe posizioni avrà a disposizione tempo, tanto tempo. Praticamente l'eternità.

P.S. Questo post viene pubblicato (dopo tanto tempo...) in coincidenza con la manovra anticrisi del governo. Assicuro i miei venticinque lettori che la coincidenza è del tutto casuale. Qui non si parla di politica. Forse neanche nella manovra.

2 commenti:

  1. Quante volte entra in ufficio il cittadino esclamando: "Devo portare qui la residenza. Mi dica cosa devo fare.". Il cittadino di solito è cortese, sereno e tranquillo. E' nel comune sentire che la residenza la si porta di qua o di là a seconda della convenienza. Dov'è il male? "Ah, perché ci devo anche abitare? Ma mi avevano detto...". Soltanto gli ingenui, gli onesti e i fessi fissano la residenza dove vivono pur avendo interessi di altra natura da proteggere. Che dire del Comandante dell'Intendenza di Finanza che viene a "portare" la residenza del figlio in un appartamento del Comune ed ottiene l'iscrizione anagrafica del detto figlio?

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  2. Mmmmhhhh, chi l'ha "educato" così il cittadino?

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